Per 15 giorni parleremo soprattutto o solo di loro. Allora partiamo da lì anche noi: oggi Federico Pizzarotti e Paolo Scarpa sono due quasi-vincitori. E il “quasi” non si riferisce solo all’ovvio aspetto che solo uno di loro sarà effettivamente vincitore e sindaco fra 15 giorni. Ma anche e soprattutto al fatto che la pesantissima astensione non può non suonare a critica prima di tutto per loro, che fin dall’inizio apparivano come i candidati forti di queste elezioni. E quindi, come avremo modo di ricordare ampiamente, chiunque dei due vinca il ballottaggio sarà un sindaco “dimezzato”: rappresenterà infatti il 32/34% del 53% degli elettori parmigiani (fate voi i conti di quanto significa sul totale dei cittadini/elettori…). Poi
ci sono gli altri 8 candidati. Fatto un discorso a parte per Laura Cavandoli (che non ha sfondato come sperava e come sperava Matteo Salvini), fra gli altri il solo Ghirarduzzi ha superato il 3%, ma di poco e con un risultato comunque deludente per chi era stato investito del logo di Beppe Grillo. Sui social non mancano critiche ed ironie: ma io torno a ripetere che i parmigiani dovrebbero solo essere grati a chi per mesi si è sbattuto e ha perso tempo e energie, oltre che immagino qualche soldo, per proporsi al servizio della città, anche se con risultati non gratificanti.
Sono degli sconfitti? Per certi versi sì. Ma a mio avviso i veri “sconfitti” sono quei 67.355 parmigiani che hanno scelto di non andare a votare. Per quattro motivi: 1) E’ difficile pensare che con ben 10 candidati, dal neofascismo di Casapound alla doppia proposta comunista nessuno potesse almeno avvicinarsi alla propria visione della città e della politica; 2) Se è vero che il fenomeno dell’astensione è ormai globale (da Trump a Parma) è anche vero che in questa scarsa partecipazione c’è anche un dato parmigianissimo: la nostra brutta abitudine di stare a guardare da fuori per poter criticare più facilmente…; 3) Ma se davvero proprio nessuna candidatura appariva soddisfacente, se davvero si temeva che i candidati più forti rappresentassero (come piace dire a molti) il solito teatro alla parmigiana senza vere possibilità di cambiamento, allora si rifletta sul fatto che 67mila voti sono una efficacissima e pacifica “bomba atomica politica” che avrebbe surclassato sia Scarpa che Pizzarotti. Perchè nessuno è obbligato a votare chi non gli piace, ma nessuno è impedito di proporsi a sua volta, se ritiene di essere migliore di chi è in campo (come hanno fatto, con più o meno successo, i 10 nomi che ieri figuravano sulla scheda e anche i 400/500 che si sono candidati come consiglieri); 4) Infine, non andrebbe mai dimenticato che per regalare a noi e alle future generazioni quel diritto alla libertà di voto che tanti Paesi non hanno e che anche in Italia mancò per circa 20 anni ci fu chi diede la propria vita. Ecco perchè non ci si può permettere di trascurare, con parmigianissimo e autolesionistico snobismo, quel dono prezioso.
12 Giugno 2017 at 9:56
Caro Billy, concordo con te sul profondo significato del diritto/dovere del voto. Detto questo rivendico il diritto al non voto che non è simbolo di menefreghismo, ma anche il non riconoscersi nella merce a disposizione. Non sono andato a votare perché nessuno mi convincerà che i candidati rispecchiano la realtà di Parma. È un giudizio politico, non menefreghismo. I crollo del 5 stelle in questo senso è chiaro. La politica del non voto uguale a menefreghismo uguale a perenni insoddisfatti cronici leggermente blasé non regge più. Il non. Il non voto è un voto e sono tanti. Ciao amico mio. Buona giornata con la stima è l’affetto di sempre.mario vighi
12 Giugno 2017 at 10:45
Rispettabilissimo, caro Mario. E anche condivisibile. Ma una soluzione dobbiamo trovarla: e tutti insieme, senza lasciarla solo alla politica. Un abbraccio
12 Giugno 2017 at 14:03
Condivido l’amarezza per il non voto (allineato tuttavia a quanto sta accadendo in modo quasi universale). Non altrettanto posso dire per il «sindaco dimezzato». Sono le regole della democrazia e migliori, ancora, non se ne vedono.